L’inconfondibile grazia del calibro 20
Leggero e performante, il calibro 20, il ‘calibro cadetto’ per eccellenza dei fucili a canna liscia, trova una delle sue espressioni estetiche più riuscite nella più recente serie limitata della Benelli
di Massimo Castiglione
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Nel numero 17 di Armi & Balistica avevamo parlato del Benelli Raffaello Arabesque calibro 12, un fucile da caccia in tiratura limitata a mille esemplari che faceva dell’incisione e delle finiture i suoi maggiori punti di forza, qualità che lo rendevano di fatto un fucile fine alla portata, però, di numerose tasche. In queste pagine esamineremo la corrispondente versione in calibro 20, che è stata tirata in soli cinquecento esemplari numerati.
È pur vero che oggi è possibile realizzare fucili da caccia calibro 12 molto leggeri e maneggevoli, ma è altrettanto vero che si può fare di meglio. Come? Passando al calibro 20: se l’arma è costruita intorno a questa cartuccia, ecco che è possibile farla ancora più maneggevole e dal peso ridotto, ma anche con linee più snelle ed eleganti.
La prima impressione che si ricava maneggiando il Raffaello Arabesque in calibro 20 è proprio quella del fucile essenziale dal punto di vista degli ingombri, ma con una linea piacevolissima perché snella e aggraziata.
L’arma conserva la meccanica e la carcassa degli altri modelli della famiglia.
La canna, costruita con la tecnica della rotomartellatura a freddo, presenta l’anima cromata e la camera Magnum: si possono quindi sparare cartucce con bossolo da 76 millimetri caricate con un massimo di 36 grammi di piombo. Essa è poi del tipo steel rated (adatta cioè all’impiego dei pallini di acciaio), dotata di bindella ventilata con mirino a fibra ottica e strozzatori interni Criochoke da 70 millimetri forniti a corredo nei valori *, **, ***, **** e Cyl; grazie al loro lungo e dolce raccordo, gli strozzatori Criochoke sono più adatti a evitare deformazioni ai piccoli (e delicati) pallini che si usano nel calibro 20.
continua la lettura a pag 86 N. 23/2013
Una gemma dal gelo
La ‘sorella scandinava’ della Browning modello 1903 fu scelta dall’esercito svedese proprio per le eccellenti caratteristiche di funzionamento nei climi e nelle condizioni più avverse. Il calibro 9 Browning Long, nonostante sia balisticamente inferiore al 9 Parabellum, vanta prestazioni di tutto rispetto
di Paolo G. Motta
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Nel 1914 le truppe tedesche del Kaiser Wilhelm II invasero il Belgio sulla spinta del Schiefflen-Plan ideato dal Generalfeldmarschall Alfred Graf von Schlieffen nel 1905. L’arrivo ‘degli unni’ pose fine alla fornitura da parte della Fabrique Nationale di Herstal delle pistole modello 1903 che gli svedesi avevano adottato nel 1907 proprio come modello 1907; ne erano già state consegnate diecimila e per completare la dotazione fu necessario farle costruire dalla scandinava Husqvarna che godeva fama di eccellente capacità tecnica.
Fu giocoforza aspettare fino al 1917 per avere la fabbricazione effettiva, che continuò fino agli anni Trenta, anche se ancora nel decennio successivo se ne assemblarono esemplari con parti di ricambio. La produzione totale dovrebbe aggirarsi sui 60-70mila pezzi. La 1907 ritornò in servizio negli anni Ottanta in attesa della Glock, perché molte pistole m/40 (la finlandese Lahti L-35) e P.38 mostravano preoccupanti segni di fatica…
Gli svedesi avevano adottato la FN 1903 in calibro 9 Browning Long dopo una dura selezione che privilegiava la capacità di funzionamento in ambiente artico: nelle prove la FN si rivelò leggermente inferiore alla Luger per quanto riguardava la precisione ma la surclassò invece sotto l’aspetto della affidabilità.
La nuova pistola andava a sostituire la rivoltella tipo Nagant calibro 7,5 Svedese, un’arma tanto ben fatta quanto dotata di una cartuccia – praticamente uguale al 7,5 Svizzero – anemica e del tutto inadatta a un uso militare (si veda al riguardo quanto abbiamo scritto nel numero 21 di Armi & Balistica).
La FN 1903 era una creatura del genio di John Moses Browning. Era stata partorita intorno al 1900 per rispondere alla esigenza della Colt di avere un’arma tascabile (la Colt Automatic Pocket .32) e della Fabrique Nationale di una pistola da guerra: ‘pantografando’ lo stesso progetto, Browning creò così due pistole di successo in due categorie diverse.
continua la lettura a pag 72 del N. 23/2013
Divertimento tattico in .22 LR
Uno dei fenomeni più recenti e interessanti nel campo delle armi finalizzate al tiro ludico sportivo è il proliferare delle repliche in calibro .22 dei più famosi modelli militari di pistole e fucili. Tra i secondi la parte del leone è appannaggio, naturalmente, dei vari M16 e M4, ma ora abbiamo a disposizione un altro Black Rifle di tendenza a percussione anulare: il Mk 22 della austriaca ISSC, ispirato allo SCAR della FN
di Francesco Battista
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Sono ormai lontani i tempi in cui le poche repliche in calibro .22 dei fucili militari erano immediatamente riconoscibili: armi come la M1 della tedesca Erma o l’AP15 della Jager riproponevano infatti le linee e l’impostazione estetica degli originali in modo non certo filologico e se ne discostavano ancora più marcatamente nelle finiture, essendo finalizzate al tiro per divertimento più che a serie attività addestrative.
Oggi questo particolare segmento di mercato si è evoluto in modo tanto rapido quanto perfezionistico, al punto che se in armeria vediamo esposte per esempio due carabine M4 prive di serbatoio caricatore, l’una in .223 Remington e l’altra in .22 LR, per distinguerle dobbiamo leggere le scritte identificative; del resto sulle repliche possono ormai essere spesso montati gli accessori nati per le armi originali, onde renderne l’impiego il più realistico possibile.
La stragrande maggioranza dei produttori di questo tipo di armi sono europei e molti, per essere precisi, mitteleuropei; nella compagine ha assunto una certa notorietà l’azienda austriaca ISSC, sigla che sta per International Sporting and Security Consulting, che pochi anni fa lanciò sul mercato una replica a percussione anulare della Glock M19 di buon impatto visivo, denominata M22.
Ora la ISSC ha deciso di proporre anche un’arma lunga, scegliendo di ispirarsi a un archetipo anch’esso europeo e, oltretutto, di alto lignaggio: lo Special Operations Forces Combat Assault Rifle, in arte SCAR, progettato e prodotto dalla leggendaria Fabrique Nationale di Herstal.
continua la lettura a pag. 64 N. 23/2013
Comunicato stampa Benelli
GLI ITALIANI E LA CACCIA
La percezione dell'attività venatoria affidata ai numeri
Pesaro, Cruiser Hotel Venerdì 13 dicembre, ore 18
L'incontro - Venerdì 13 dicembre, alle ore 18, il Cruiser Hotel di Pesaro ospiterà l'incontro “Gli italiani e la caccia”, organizzato da Benelli Armi Spa, Cncn (Comitato Nazionale Caccia e Natura), associazioni venatorie aderenti a Face Italia (Federcaccia, Liberacaccia, Enalcaccia, Anuu Migratoristi) e Arcicaccia. Interverranno il Prof. Enrico Finzi, direttore di Astra Ricerche, Fabio Musso, docente dell'Università di Urbino, il giornalista Oscar Giannino nel ruolo di moderatore, Antonio Morabito, responsabile Nazionale Fauna di Legambiente, Claudio Gagliardini, Vice Direttore di Coldiretti Marche, Francesco Martinoni, Presidente Confagricoltura Brescia,
Gianluca Dall'Olio, Presidente Nazionale Federcaccia, Giampiero Sammuri, Presidente di Federparchi, Giovanni Pellielo, Campione mondiale di Tiro a Volo (disciplina Trap), Giovanni Ghini, Presidente Cncn e Giulio Orlandini, capo redattore della rivista Armi e Tiro. Lo scopo dell'evento è quello di approfondire in maniera scientifica temi che troppo spesso risentono di opinioni fondate sulla scorta dell'onda emotiva.
I numeri - Al centro del dibattito, che rappresenta un importante momento di dialogo tra mondo venatorio ed associazioni ambientaliste, ci saranno i dati raccolti dall'indagine demoscopica condotta nel 2013 dal Professor Enrico Finzi per il Comitato Nazionale Caccia e Natura (Cncn), Face Itala e Arcicaccia. La ricerca si basa su 2.025 interviste somministrate a un campione
rappresentativo degli Italiani dai 18 agli 80 anni, pari a circa 46,1 milioni di adulti.
Ottica non invasiva
Anche sull’apprezzata ex ordinanza svedese è possibile montare facilmente un cannocchiale grazie agli attacchi prodotti dalla ditta MC, che vantano due pregi non da poco: sono molto robusti e non alterano l’originalità dell’arma
di Massimo Castiglione Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
Questi attacchi per ottica sono completamente di acciaio macchinato e per il loro fissaggio non sfruttano, come in altri casi, la base della tacca di mira. Sono installati direttamente sul castello dell’arma e dunque garantiscono costanza di posizione e stabilità.È anche previsto un particolare servizio di aftermarket, ossia l’installazione, il montaggio, la taratura dell’ottica e la prova sul bersaglio gratuiti su appuntamento recandosi presso la sede del costruttore.Questi attacchi per ottica sono forniti completi di dettagliate istruzioni, degli accessori per il montaggio e della basetta Weaver per applicarvi gli anelli del cannocchiale; l’acquirente che abbia un minimo di capacità manuale e di attitudine al fai-da-te può montarseli in soli dieci minuti, altrimenti è sempre possibile ricorrere agli uffici di un armaiolo.I supporti per ottica della ditta MC di Marcello Campanerut sono diventati noti fra gli appassionati di armi ex ordinanza per una serie di motivi, il primo dei quali è rappresentato dal fatto che non richiedono alcun intervento di foratura, saldatura o modifica dell’arma alla quale sono destinati, che rimane così originale come si conviene a un pezzo da collezione.
continua la lettura a pag. 61 del N. 23/2013
Superlativo assoluto
Se è esatto affermare che la pistola a rotazione affondi le proprie radici storiche e tecniche in terra americana, è altrettanto lecito riconoscere come oggi i migliori e più raffinati esempi di questa nobile categoria provengono dal cuore della Vecchia Europa, per la precisione da un Paese incredibilmente rinato dall’immane tragedia dell’ultima guerra mondiale: la Germania. Qui ebbe inizio, mezzo secolo fa, la straordinaria avventura della Korth
di Francesco Battista
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A questa seconda categoria può essere ascritta la Willi Korth Waffenfabrikation, azienda fondata a Ratzemburg – nel land dello Schleswig-Holstein – il 1° ottobre 1955 da Willi Korth, un tecnico originariamente specializzato in costruzioni ferroviarie nato nel 1913; da sempre affascinato dalle armi da fuoco, Korth decise di mettere a frutto la sua vera inclinazione facendo anche tesoro del periodo passato alle dipendenze della Mauser Werke, nell’estate del 1944.Dopo la proibizione assoluta, imposta per anni dalla amministrazione alleata, di fabbricare qualsiasi tipo di arma, grazie alla rinata sovranità le aziende del comparto un tempo florido poterono ricominciare la propria attività; dopo essere sopravvissute grazie alla riconversione su prodotti meccanici diversi, firme storiche e blasonate come Mauser e Walther si riaffacciarono all’orizzonte e, insieme a loro, debuttarono realtà nuove e dinamiche, proiettate verso il futuro tecnologico come la Heckler & Koch o animate dalla ricerca della perfezione nel solco della classica tradizione meccanica tedesca.Nel 1955 la giovane Repubblica Federale Tedesca, nata nel 1949, era impegnata in uno sforzo colossale per sanare le spaventose ferite materiali della guerra conclusasi solo dieci anni prima, sforzo che interessava tutti i settori del panorama industriale e commerciale.
continua la lettura a pag. 54 N. 23/2013
Il fucile di Obelix
Degna della migliore tradizione dell’arsenale di Saint-Étienne, la solida e compatta MAS modello 36 non vincerà il concorso per l’ordinanza più sexy, ma è una carabina ben progettata e poi ben costruita, dall’aspetto inconfondibile
di Paolo G. Motta
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Nel dopoguerra la MAS 36 fu impiegata nei numerosi conflitti che videro impegnati i francesi. Nel 1954 fu deciso di dotarla di un tromboncino lanciagranate e relativo alzo: nacque così la carabina MAS 36/54. Sul finire degli anni Sessanta l’arma andò definitivamente in pensione, tuttavia a testimoniare la bontà del progetto originale i francesi impiegano ancora con successo il modello FR F2, che è uno stretto derivato dalla MAS, come arma da sniper.La decisione si trascinò tra comitati e commissioni fino a quando nel 1936 fu adottata la carabina MAS Modèle 36 in calibro 7,5x54 mm. Ovviamente ci volle tempo per iniziare la produzione della nuova arma e agli inizi del secondo conflitto mondiale i francesi avevano l’esercito armato ancora con una grande quantità di vecchi fucili in calibro 8 Lebel.Occorreva un fucile che facesse tesoro delle esperienze ricavate dalle trincee: la nuova arma doveva essere pensata per ingaggi entro i quattrocento metri, corta, maneggevole, dotata di mire protette dagli urti, utilizzabile anche da riservisti attempati e facile da pulire dal fango. Una nuova cartuccia dotata di prestazioni simili al .30-06, con bossolo moderno, sarebbe stata altresì benvenuta.Finita la Prima guerra mondiale, lo stato maggiore francese si rese conto, con stupore, che i fucili Lebel modello 1886 e Berthier erano obsoleti come i pantaloni rossi con i quali avevano mandato al fronte i fanti nel 1914.
Azione Winchester 70 per una MAG
Vittorio Giani non ha soltanto l’ambizione di realizzare buone carabine con caratteristiche di tutto rispetto, ma si destreggia molto bene nella realizzazione di cartucce con prestazioni assai equilibrate
di Emanuele Tabasso
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Partendo da azioni nuove di fabbrica, o da altre che già hanno compiuto una parte cospicua del loro percorso operativo, Vittorio Giani della MAG di Ponte a Zanano riesce sempre a confezionare un insieme funzionale ed equilibrato: da poco tempo insieme all’allestimento di notevoli carabine ha messo gli occhi su una cartuccia che ha suscitato un marcato interesse già al suo apparire, la 6,5x47 Lapua specifica per il tiro di precisione a lunga distanza.
Giani è bifronte – quasi nomen omen – nel senso che combatte con successo tanto sui panconi dei poligoni quanto sul terreno di caccia e così ha sperimentato una variante a questa cartuccia allargando a 7 millimetri il colletto, trasformando la misura del calibro fra i pieni della rigatura in quei 6,9 millimetri (quindi a 0,277 pollici) che permettono di raggiungere prestazioni di tutto rispetto quanto a precisione intrinseca, velocità ed energia, basso rinculo e impiego anche in azioni corte quindi di minor peso.
Una azione Winchester 70 del tipo detto pre-’64 è stata la base per la realizzazione di questo fucile.
Le lavorazioni tradizionali sono evidenti e conferiscono tuttora al prodotto una dignità particolare e oggi inusuale soprattutto per la finitura superficiale e dei particolari. Tralasciamo le specifiche tecniche, ben note a tutti gli appassionati e visibili dalle immagini.
continua a pag. 47 N.23/2013